lunedì 21 novembre 2011

Esiodo Ἡσίοδος. L'armonia delle Muse

martedì, 29 marzo 2011


Esiodo Ἡσίοδος

L'armonia delle Muse


Gustave Moreau_Esiodo e la Musa_1891_Musée d'Orsay

Gustave Moreau_Esiodo e la Musa_1891_Musée d'Orsay 
 




 Cominciamo il canto dalle Muse eliconie                   1
che di Elicona possiedono il monte grande e divino
e intorno alla fonte scura, coi teneri piedi
danzano, e all'altare del forte figlio di Crono;
e bagnate le delicate membra nel Permesso
e nell'Ippocrene o nell'Olmeio divino
sul più alto dell'Elicona
intrecciavano danze
belle e soavi
, e si muovevano con piedi veloci.
Di lì levatesi, nascoste da molta nebbia,
notturne andavano, levando la loro bella voce;
celebrando l'egioco Zeus e Era signora,

argiva, dagli aurei calzari,
e la figlia dell'egioco Zeus, Atena occhi-azzurri,
e Febo Apollo, e Artemide saettatrice,
e Posidone, signore della terra, scuotitore del suolo,
Temi
veneranda, e Afrodite dagli occhi guizzanti,
e Ebe dall'aurea corona, e la bella Dione,
e Leto e Iapeto e Crono dai torti pensieri,
e Aurora, e Sole grande e Luna splendente,
e Gaia, e il grande Oceano, e la nera Notte,
e degli altri immortali, sempre viventi, la sacra stirpe.
Esse una volta a Esiodo insegnarono un canto bello,
mentre pasceva gli armenti sotto il divino Elicona;
questo mythos, per primo, a me dissero le dee,
le Muse d'Olimpo, figlie dell'egioco Zeus:
"O pastori, cui la campagna è casa, mala genia, solo ventre,
noi sappiamo dire molte
menzogne simili al vero,
ma sappiamo anche, quando vogliamo, il vero cantare".
Così dissero le figlie del grande Zeus, abili nell'epos (raccontare) 

e come scettro mi diedero un ramo d'alloro fiorito,              
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dopo averlo staccato, meraviglioso; e mi ispirarono il canto
divino, perché cantassi ciò che sarà e ciò che è,
e mi ordinarono di cantare le stirpi dei beati, sempre viventi;
ma esse per prime, e alla fine, sempre.
Ma a che tali discorsi sulla quercia e la roccia?
Orsù, dalle Muse iniziamo, che a Zeus padre
inneggiano col canto rallegrano la mente grande in Olimpo,
dicendo ciò che è, ciò che sarà, ciò che fu,

con voce concorde; e instancabile scorre la
voce
dalle loro bocche, dolce. Ride la casa del padre,
Zeus tonante, delle dee alla
voce delicata,
che si diffonde; e risuona la cima dell'Olimpo nevoso
e la dimora degli immortali; esse la divina
voce levando
degli dei la venerata stirpe per prima celebrano col canto
fin dall'inizio: quelli che Gaia e Urano ampio generarono
e quegli dei che da loro nacquero, dispensatori di beni,
e dopo, come secondo, Zeus, degli dei padre e degli uomini,
che le dee celebrano cominciando e terminando il canto,
quanto sia il migliore degli dei e per forza il più grande;
poi degli umani la stirpe e dei possenti Giganti,
cantando rallegrano in Olimpo la mente di Zeus,
le Muse olimpie,
figlie di Zeus egioco.
Le partorì nella Pieria, unitasi al padre Cronide,
Mnemosyne, dei clivi d'Eleutere regina,
che fossero oblio dei mali e tregua alle cure.              
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Per nove notti ad essa si unì il prudente Zeus,
lungi dagli immortali, il sacro letto ascendendo;
ma quando fu un anno e si volsero le stagioni,
al decrescer dei mesi, e molti giorni furono compiuti,
allora lei partorì nove fanciulle di uguale sentire, a cui il canto
è caro nel petto, e intatto da cura hanno il
thymos,
poco lontano dalla più alta vetta dell'Olimpo nevoso;
e là sono i loro splendidi cori e la bella dimora;
vicino a loro stanno le
Grazie e Desiderio
nelle feste; e loro dalla bocca l'amabile voce levando    65
cantano i nomous e i saggi ethea
degli immortali celebrano, l'amabile voce levando.
Esse allora andarono all'Olimpo, fiere della bella
voce,
con l'immortale canto; e attorno risuonava la terra nera
ai loro inni, e amabile sotto i loro piedi un suono si alzava
all'incendere verso il padre che regna in cielo,
lui, signore del tuono e della folgore fiammeggiante
che con la forza vinse il padre Chronos, e bene ogni cosa
fra gli immortali divise ugualmente e distribuì gli onori.
Ciò dunque le Muse cantavano, che abitano le olimpie dimore,
le nove figlie dal grande Zeus generate,
Clio e Euterpe e Talia e Melpomene,
Tersicore e Erato e Polimnia e Urania,
e
Calliope, che è la più illustre di tutte.
Ella infatti i re venerati accompagna:
quello che onorano le figlie di Zeus grande.
e quando nasce lo guardano, fra i re nutriti da Zeus,
a lui sulla lingua versano dolce rugiada,
e dalla sua bocca scorrono dolci parole; le genti
tutte guardano a lui che giustizia
amministra
con retti giudizi; mentre lui parla sicuro,
subito, anche una grande contesa, placa sapientemente;
perché è per questo che i re sono saggi, perché alle genti
offese nell'assemblea danno riparazione
facilmente, con le dolci parole
placandole;
quando giunge nell'assemblea come un dio lo rispettano
con dolce reverenza, ed egli splende fra i convenuti.
Tale è delle Muse il sacro dono per gli uomini.
Dalle Muse infatti e da Apollo lungisaettante
sono gli aedi sulla terra e i citaristi,
da Zeus i re; beato colui che le Muse
amano; dolce dalla sua bocca scorre la voce
;
se c'è qualcuno che per gli affanni nel thymos
recente di lutto
dissecca nel dolore il suo cuore, se un aedo
delle Muse ministro le glorie degli uomini antichi     
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celebra, e gli dei beati signori d'Olimpo,
subito scorda i dolori
, né i lutti
rammenta, perché presto lo distolgono i doni delle dee.

Esiodo, TeogoniEsiodo, Teogonia

 

*


Per quanto le Muse presiedano a tutte le arti, Esiodo insiste sulla loro voce, che è lo strumento di comunicazione essenziale in una cultura orale. E' con la voce che insegnano canti e raccontano miti, anche se la loro attività "musicale" comporta l'esecuzione di una performance complessa, la quale mobilita tutti i mezzi espressivi corporei. Il poeta, a sua volta, non pensa se stesso come un autore creativo, ma come un esecutore che tramanda qualcosa di ricevuto da altri. Questo emerge chiaramente perfino in questo passo, ove Esiodo si presenta col suo nome e parla in prima persona.
A causa del carattere di performance, proprio dell'arte delle Muse, ciò che si canta deve avere una forma temporale: ciò che è, che sarà e che fu. Il poeta, proprio perché non pensa la sua opera per una lettura solitaria, ma per l'esecuzione, deve descrivere il mondo, anche quando ha ambizioni sistematiche come nella Teogonia, con una storia o un mythos.

Esiodo è consapevole del potenziale di manipolazione insito nella poesia, che però non attribuisce a se stesso, ma alle Muse: fuor di metafora, potremmo dire che l'inganno non è nella persona del poeta, bensì nella cultura che egli tramanda.

Le Muse sono figlie di Zeus e di Mnemosyne, cioè dell'autorità e della memoria. La funzione del poeta non è soltanto culturale, ma politica: di questo Esiodo è consapevole, quasi cinquecento anni prima di Platone.
Calliope (bella voce), la musa più illustre, è a stretto contatto con l'autorità politica: se per
epos intendiamo la parola ritmica, possiamo capire perché l'uso di un dolce epos possa avere un ruolo politico. Il discorso significativo e autorevole, che chiede di essere ricordato, perché esprime una legge o una sentenza, una decisione o una perorazione politica, oppure un comando, deve essere messo in poesia, per distinguersi dal discorso ordinario.
Sempre per motivi mnemonici, spetta alla Muse o alla poesia tramandare le consuetudini pubbliche e familiari: Zeus e Mnemosyne, memoria e potere, si sposano nella loro arte. La voce dell'istruzione e dell'autorità è nello stesso tempo la voce del piacere: le Muse, che stanno accanto a Zeus e accanto ai re, sanno essere così gradevoli da distogliere le persone dai loro dolori e dalle loro preoccupazioni personali, per integrarle nella sfera collettiva della cultura. (dal sito:
www.swif.uniba.it/lei/personali/.../muse.htm )
 

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